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Da: Libreria Editrice Urso - Avola <info@libreriaeditriceurso.com>
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Data: Domenica, 28 gennaio 2001 22:11
Oggetto: Per Delfo Tinnirello e per Ans Rademakers

 

PER ANS RADEMAKERS E DELFO TINNIRELLO

Dal 24 al 31 Dicembre il Comune di Lentini (SR), recependo il desiderio di un interessante gruppo di intellettuali (Gugliemo Tocco, Alfio Santocono, Tommaso Cimino e altri ancora, tutti attivi con la sigla "Le Cicogne", con la quale sigla pubblicano pure un periodico che è nido di poesia e arte ), si è fatto promotore di una fiera del libro e dell'editoria locale, continuando quella carovana del libro, e per il libro, che dal 1976 abbiamo voluto da Avola itinerante in alcuni comuni della Sicilia (Avola-Sortino-Scordia-Caltagirone e, ora, Lentini).

Nel nostro sito internet, alla pagina EDITORI IN SICILIA stiamo accumulando tutto il dibattito all'interno di queste manifestazioni, in difesa della editoria siciliana, e dei suoi intellettuali, nel generale contesto della promozione della lettura.

E' così povero il dibattito e il panorama culturale di questi tempi, e di questi luoghi, che quello che riusciamo a fare acquista per noi, e per quelli come noi, il carattere di un evento.

Ci ha fatto tanto piacere, pertanto, ricevere da Enrico Sesto, relatore a Lentini il 29 dicembre alla presentazione dei due blocchi notes d'artista di Ans Rademakers e Delfo Tinnirello (editi dalla Gepas di Orazio Parisi), il resoconto scritto di quanto da lui magnificamente detto in quella occasione.

Già qualcuno di voi conoscerà Ans Rademakers, per lo spazio che le abbiamo dedicato nella nostra pagina internet ( in I NOSTRI AMICI ARTISTI).

Interessante è il confronto che ne fa Enrico Sesto con l'artista lentinese Delfo Tinnirello.

Buona lettura

Francesco Urso

Presentazione dei due blocchi notes di Delfo Tinnirello e di Ans Rademakers,

Editi dalla Gepas di Avola

 

 

a cura di Enrico Sesto

La collana "Blocco notes d'artista" delle Edizioni GEPAS di Avola (SR) si presenta con una veste editoriale agile nel formato e nella stutturazione grafica, quasi che non volesse esssere un libro, ma proprio un blocco notes, un quaderno di note che cerca di cogliere l'opera di scrittura artistica, nel suo esito definitivo, ma nel suo farsi, nella forma dell'appunto, dello schizzo preparatorio o del disegno, un quaderno di viaggio che serve per raccogliere tracce di cose viste o pensate. Questo spunto del quaderno di viaggio e del tema del viaggio conoscitivo, viene confermato poi dalla trovata originale delle cartoline d'artista, quasi che il viaggio stesso implichi, poi, l'idea di corrispondenza, come testimonianza di un percorso personale che si partecipa anche ad altri. Nel nostro caso specifico, presentando qui, questa sera, i blocchi notes di Ans Rademakers, giovane artista olandese, e di Delfo Tinnirello, artista siciliano, possiamo dire che questi due artisti sono accomunati dalla pensosità del loro percorso operativo e il blocco notes è il luogo dove ancora l'arte viene pensata e fissata proprio nei suoi aspetti germinativi, come luogo della riflessione iniziale. Alle cartoline, che testimoniano disegni di loro opere, si accompagnano, infatti brevi scritti di meditazione sul percorso stesso, come tentativo di ricostruire una sorta di autobiografia fantastica a sfondo figurativo che, nel confronto con l'opera, trova la sua possibilità speculativa di rispecchiamento, perché solo il rispecchiamento ci può dare la possibilità di conoscere il percorso stesso, di poterlo e poterci pensare. Il blocco notes serve per fermare quei pensieri e raccogliere tracce figurative, quasi come un bastone di viaggio, sull'asse che poggia il pensiero sulla terra. Il blocco notes serve, quindi, a localizzare il pensiero e la visione, a piantare la visione in un luogo e fare nascere il pensiero.

In entrambi gli artisti, infatti, vi è attenzione per la località dell'operazione artistica, il viaggio stesso vuol essere riflessione dei luoghi e sui luoghi. Così le Edizioni GEPAS intendono, forse, contribuire all'idea di un'editoria locale, arricchendola con la pubblicazione di libri che vogliono essere il riflesso stesso del luogo. Il tema del riflesso e della riflessione, come metafora visiva del processo di conoscenza, torna infatti anche nei titoli delle opere che qui, stasera, presentiamo: "Idea sul mondo" di A.R. e "Cercando l'oro" di D.T.; titoli emblematici, per molti versi, di due percorsi artistici che, pur avendo in comune molti temi, si svolgono poi diversamente nelle soluzioni poetiche, proprio perché il viaggio parte da punti cardinali opposti, dal nord al sud per A.R., dal sud al nord per D.T.. "Idea sul mondo" infatti presuppone, metaforicamente, l'immagine di un occhio che dall'alto guarda il mondo, che ne viene illuminato e il pensiero è il percorso della luce della coscienza che cade dall'alto sulla materia meridionale, mentre, invece, "Cercando l'oro", con la sua metafora mineraria, presuppone la lampada del minatore che, con questo terzo occhio, lavora nelle viscere oscure della materia e vi cerca l'oro, la luce infera. Per cui, per A. R., il viaggio al sud è motivato dalla ricerca del sole fisico, mentre per D.T. il viaggio al nord, all'emersione estatica, è motivato dalla ricerca del sole spirituale. In ogni caso, per entrambi, tutto si svolge sull'asse conoscitivo dei solstizi, solstizio d'inverno al massimo sud del ciclo discendente, solstizio d'estate per il massimo nord del ciclo ascendente. Ad entrambi gli artisti, infatti, è caro il tema che l'umiltà del ciclo naturale sia la manifestazione di una superiorità immanente del pensiero cosmico, che si incarna ed esprime nella materia stessa. La luce e la materia, dunque, come tematica artistica solstiziale che si gioca tutta sulla verticale dal nord al sud, dal sud al nord. Un quaderno di viaggio serve anche a questo, a fissare e ricordare l'orientamento cosmico del percorso. E l'idea di cosmo come circolarità e circolazione torna spesso nei disegni di A.R., sia come costante presenza del cerchio figurativo, come emblema di luogo chiuso, sia nella composizione, dove la circolarità ritorna come ricerca del flusso armonico che fa girare le rotelle simultanee del pensiero e del corpo, ovvero del pensiero localizzato in un vaso, in una maschera, in un bacino antico, nel segno femminile dell'interesse per le forme che danno adito alle cavità della pienezza formale dei contenitori. La sua stessa idea di composizione spaziale sembra contenere simultaneamente diverse cose, ruote, vasi, elementi naturalistici a sfondo simbolico, aperture architettoniche, pavimenti, oggetti, tutti elementi che insistono in una trama femminile tenue ma tesa e minuta, che si accompagna, a volte, a quell'altra trama grafica e scritturale che testimonia una sorta di ronzio continuo del dialogo interiore, incessante, mentre si compie l'opera. Quel pensare continuo e semiscosciente, nella sua omogeneità sommessa, che accompagna certi lavori femminili dell'intramare, del mettere assieme, simbolicamente, il piccolo e il grande, la superficie bidimensionale e la profondità oscura. Quasi che i disegni di A.R. fossero la resultante di una sorta di artigianalità del pensiero, dell'ideazione artigianale del mondo, ispirata dall'etica della responsabilità personale nella manifattura del mondo stesso, secondo l'idea che, dall'alto, manipola il sud materiale. Il sud fisico è, quindi, la vita stessa dell'idea formale che si localizza nei manufatti, molto spesso del manufatto archeologico, del manufatto antico, per cui il disegno è anche viaggio alle origini simboliche della forma e della composizione, secondo gli assoluti del bianco e del nero. A questo punto, però, è meglio, forse, per l'ulteriore comprensione del registro geopsichico della nostra metafora orientativa, esplicitare alcuni principi di riferimento cosmico di quella che possiamo chiamare 'geografia imaginale', come viaggio nei luoghi psichici. Il nord materiale è povero di luce fisica e, proprio per questo, sul piano imaginale, sviluppa una mitologia di dei uranici. di dei luminosi che guardano il mondo dall'alto. Al sud, invece, all'intensa luce fisica, corrisponde, sul piano imaginale, la tenebra spirituale, la nube della non conoscenza, perché al sud il pensiero si svolge sempre dentro l'inconscio e viviamo, perciò, immersi nell'ignoto, per cui la cerca dell'oro è scavo della luce nel mistero, secondo un'archeologia iniziatica che serve all'estrazione di materiali preziosi per la metallurgia gnostica della trasformazione esistenziale.

La luce e la materia, quindi, come tema dominante del percorso, per cui i luoghi non hanno solo radici ma anche ali. Entrambi gli artisti, infatti, sono sensibili all'immaginario materico e alla matericità dell'immaginario, nella dialettica di radicamento necessario e di fuga desiderante, di fissazione del limite e di evasione dello stesso, temi propri di ogni problematicità del viaggio esistenziale. Dal nord al sud, dal sud al nord, dalla luce alla materia, dalla materia alla luce, per cui per A.R. la luce cade sulla materia, per D.T. la materia sgrava la luce. Tutta la sua opera, infatti, si esplicita, essenzialmente, su questo tema matemo dei travagli e dei dolori del parto del bambino di luce. Per lui, la luce spirituale nasce nell'inverno fisico, la magnificenza superiore del solstizio d'estate ha origine nella bassezza umile del solstizio d'invemo. E' il tema mediterraneo del Natale che, dalle sue origini pagàne, torna poi a fecondare anche la rappresentazione del presepe cristiano, come nascita notturna della luce in una stalla, secondo un'antica suggestione ermetica che suggerisce di cercare l'oro nelle stalle, la sapienza nell'ignoranza. Così possiamo dire che, per D.T., il tema della genesi della luce dalla materia è come la cometa che guida il suo percorso artistico, nella volontà pellegrina di andare a contemplare ed adorare il bambino di luce che nasce dalla notte. La visione di A.R. rimane, essenzialmente, diurna, perché aspira alla materia ideale, alla idealizzazione della materia. quella di D.T. una visione notturna, un'idea dal mondo, un'idea materiale che viene fuori dalla lacerazione esistenziale, dalla ferita della creazione, che presuppone un dio che è creativo per gli uomini solo quando si uccide donandoci il sacro, per cui la genesi artistica si connota come tragico sacrale e misterico, dolore del parto divino. Per l'uomo che nasce al sacro c'è sempre un dio che al sacro muore. Tutta l'opera di D.T., nelle sue costanti, si mobilita, perciò, attorno a questo tema fisso della drammaturgia della luce e della materia, dal punto di vista del sud. L'assunzione di questo punto di vista ne connota l'identità tragica, il natale della luce è collocato sempre nella fine del tempo, il bambino è, sempre, il figlio del vecchio. E vecchi sono i materiali che lui usa, cose secche, rami, semi, carte, spaghi, manufatti contadini sfasciati, il natale della luce si congegna sempre con le robe del vecchio, per questo le sue opere sono opache e stinte e il colore della vita vi è sempre come trattenuto e rappreso dal nero, che lo veicola come magma interno incandescente del cromatismo occulto, come venatura della luce passionale che anima la materia scura nella visione notturna del sole nero, nella visione aurorale del sud ignoto.

D.T. è, infatti, un artista del sud ignoto, A.R. del sud conosciuto, per questo il loro viaggio è simile ma assai diverso, i luoghi sono gli stessi, ma il primo li guarda di notte, la seconda, di giorno, dove, ancora, la luce della buona volontà ordina la materia nella forma e la rende utile per la conoscenza. D.T., invece, parte sempre dalla disgregazione della forma, dagli scarti del ciclo, dalla consapevolezza che il lavoro della morte rende tutto inutile per la conoscenza e il lavoro artistico è perciò inteso come dedizione al tempo inutile, per cui il culto genetico dell'opera è, al tempo stesso, culto dei morti. Per D.T. la genesi della luce, la stessa possibilità di volo estatico, ha, perciò, fondamento tragico, per cui la cerca dell'oro comporta un lavoro oscuro, un lavoro al nero, che, infatti, rimane la dominante monocromatica di tutta la sua opera, a testimonianza che il sud ignoto è tragico in sé e il percorso della conoscenza comporta il pianto. La sua arte vuol essere, infatti, un 'saper piangere', perché il parto comporta la ferita. La sua opera non tace il pianto, non si vergogna della morte, non si vergogna di averne fatto conoscenza, d'esserne stato toccato, crepato. Così come crepate e ruvide sono le sue superfici, qualcosa di non accogliente, da cui emana il silenzio. L'opera di D.T., infatti, è silenziosa, sia dal punto di vista esistenziale che artistico, quasi che l'urlo del travaglio cosmico venisse colto sempre nella sordina di una intimità materica e regressiva al mondo delle madri, nel mondo dei morti e degli spiriti di luce, che, come archetipi orientativi, guidano il suo percorso. Torna la metafora del presepe e del Natale mediterraneo.

Se ci fate caso, l'ambientazione del presepe è sempre notturna e il percorso è guidato da una stella, eppure vi ferve tutto un repertorio di arti e mestieri, come se fossimo in pieno giorno, come se la nascita notturna mettesse in attività tutte le figure archetipiche ed intenso vi fremesse l'artigianato psichico. Quello stesso attivismo, notturno e segreto, che comporta la costruzione delle opere di D.T., che ha, perciò, una forte componente artiginale, di sapienza artigianale, di pensiero artigianale, che ricorda ancora azioni della memoria materica come appiccicare, coprire, legare, impastare, tutte attività simboliche per cucire la lacerazione in un rinato orizzonte culturale. Da qui la luce secca delle sue opere, a ricordo della Sicilia lapidea della necropoli sapienziale, laconica e dura, da qui quel loro silenzio genetico ed arcano, perché la luce nasce dalla materia che muore, dalla pulsione della materia alla morte come ricerca del divino, dalla sua volontà istintiva di distruggersi nella luce, di figliare l'oro, la materia nobile della sovranità esistenziale, la sovranità tragica. L'opera di D.T., ricordando la Sicilia ignota la Sicilia segreta, si ricorda, perciò, della tradizione tragica che da sempre l'attraversa con la sua 'arte del pianto', nella quale, tradizionalmente, confluivano umori religiosi, filosofici e poetici. L'opera di D.T. denuncia, perciò, con il suo silenzio triste, la vocazione del sud ignoto al lamento, come travaglio del cordoglio genetico e lavoro culturale per la rinascita del senso della vita, del suo luccicante valore, dal funerario materico, consapevole che chi cerca l'oro trova la morte e chi cerca la morte trova l'oro, il tesoro nascosto, l'oro dei morti, quasi ad inseguire la leggenda di una favolosa ed utopica 'truvatura' artistica. L'opera di D.T. sembra additarci, perciò, che l'unica vera ricchezza della Sicilia fisica è il suo sepolto, l'oro, infatti, viene dall'archeologia, secondo una dominante del pensiero tragico, che, nell'ossessione dello scavo, soddisfa la sua mania furente alla profondità, sembra ricordarci che l'oro a noi doveva venire proprio dallo scavo delle nostre immense rovine. Egli, infatti, l'oro lo cerca nelle tombe e non al mercato, dove tutta l'isola è schiacciata dalla colpa di essere antica, per l'ossessione moderna, e tutta superficiale, dello sviluppo del futuro radioso e progressivo. La sua opera sembra ricordarci che se avessimo saputo piangere non sarebbe finita così, se invece di vergognarci del lamento antico avessimo onorato i nostri morti, avremmo ancora nell'isola il primato del tragico e non il primato di questa Sicilia che, senza più memoria localizzata, è solo un'enorme disgrazia. La nostra assenza contemporanea di grazia nasce, appunto, dalla vergogna della nostra tragica bellezza, per cui il pianto taciuto è pudica e moderna copertura della nuda verità del tragico antico, del piacere aureo della morte negli amplessi gnostici di luce e materia. Ci siamo vergognati del nostro modo di conoscere, del nostro modo di amare, del nostro eros gnostico, da cui poi genera il bambino di luce, la materia nobile della nostra poesia, per cui la morte simbolica è iniziatica ad ogni genesi artistica del sud ignoto, dove lutto, lusso e lussuria coincidono nell'estasi catartica e comunitaria del teatro di memoria, che permette la riemersione del rimosso e il suo riscatto utopico.

La teologia tragica, infatti, attraverso la gnosi visiva, redime il male originario e lo sacralizza nel paganesimo geniale del vecchio che muore e del dio giovane che nasce. Poiché il seme sempre germoglia nell'inverno della terra oscura, per cui il culto del seme morto è, al tempo stesso, culto della rigenerazione ciclica delle bionde messi. E l'opera di D.T. ricorda sempre un che di agricolo, il suo operare assomiglia alle cure dell'agricoltore occulto che travaglia la terra per il pane e per le rose, per le radici e per le ali. Così egli, sempre fissato nella sua terra, tenta il volo radicale, il luccichio aureo della visione dei semi originali e l'estasi del raccolto nel massimo della perdita. Così egli coltiva l'oro locale, piantando semi nelle tombe del rimosso, per la rinascita mitica della luce nella notte più lunga del solstizio d'inverno. La conoscenza è. allora, passione alata della perdita radicale, rigenerazione del trapassato. Il tema dell'antico e del mito non vi torna, infatti, come mimesi iconografica, come invece, a volte, avviene in A.R., ma come travaglio della materia morta, per una possibile rigenerazione culturale della profondità psichica del sud misterioso, dove l'oro artistico della conoscenza visionaria nasce dal non sapere misterico, dalla ferita del dio che si nega aprendo la conoscenza, dall'identità misterica che annulla il soggetto chiaro della conoscenza immergendolo nel suo segreto, nella sua identità negata, laddove si conosce il sacro. Il drappo nero copre sempre il volto dell'identità artistica di D.T., il volto nero del minatore che cerca l'oro segreto lungo i filoni ermetici della conoscenza che scava nel non sapere, nel culto impolitico dei morti, su cui poi si giustifica ogni legame politico della comunità cultuale, che fonda la città come parto della necropoli. Dal sacro morto si apre la 'culturalità' del mondo, la sua possibilità di essere letto all'interno di un orizzonte di senso, perché solo i morti ci danno intelligenza e fondamento per la vita. Per D.T. l'identità locale si fonda proprio sulla sua identità misterica, come se l'arte fosse un modo per ridare la vista al cieco, come se solo l'arte fosse capace di ridare visione alla cecità del sud ignoto, come sua possibile strategia conoscitiva, efficace per estrarre la luce dalla materia scura della nostra inconscietà meridionale, che qualcuno scambia per irresponsabilità storica, eppure è vero. Avevamo noi, una volta, un modo di essere responsabili pur dentro l'inconscio: il mito. Il mito sapeva parlare con e per noi, per questo tutte le politiche illuministe dello sviluppo del sud sono miseramente fallite, anche se il loro passaggio ha lasciato profondi segni nella nostra cultura ed ha provocato una vera e propria catastrofe antropologica. che sta alla base della decadenza della nostra intelligenza identitaria, perché abbiamo dimenticato i segreti della nostra storia, abbiamo dimenticato i nostri miti, che sono la memoria stessa dei segreti originali dei diversi tempi, delle diverse storie. Abbiamo dimenticato, o, forse, abbiamo pensato che, per conoscere il sud ignoto, non avevamo più bisogno dei segreti, così dal sacro ignoto siamo diventati profani ignoranti ed abbiamo smesso la cultura tragica a favore del positivismo modernista. Allo stato presente, la politica illuminista non è riuscita ancora a confrontarsi con la nostra radicale negatività, con la nostra passione per lo sfascio e la distruzione, la passione sacra per l'inutile che, senza più cultura tragica, è solo un enorme smarrimento, una mostruosità profana d ogni cosa. Proprio perché ci siamo vergognati della nostra mostruosità divina siamo caduti in servitù, perdendo la sovranità sacra del nostro territorio, che è in mano di nessuno, perché nessuno vi sa parlare, sa svegliare i suoi morti, i segreti geni del luogo morto. Forse cogliendo questo disagio, le edizioni GEPAS vogliono rinnovare l'antico culto ed editare nella convinzione di lavorare sul territorio per estrarre il genio locale, perché il territorio senza genio è perso alla sua distruzione mercificata.

Enrico Sesto

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DALLA POSTA RICEVUTA

(...) Ho creato il sito della scuola presso cui lavoravo l'anno scorso dove viene presentato il P.O.F. tra cui tanti progetti sperimentati con successo.

In modo particolare ti segnalo il "Progetto biblioteca" e il progetto "SeT"; il primo ha ottenuto un finanziamento di 100 milioni, il secondo di 15 milioni. Se vuoi farlo conoscere ai nostri concittadini "Maestri" l'ndirizzo del sito è:

http://digilander.iol.it/polinnia/direzionedidatticaolgiatemolgora

Romano Ignazio

polinnia@libero.it

Ciao Ciccio,

ho inserito nei Link del nostro sito il tuo, perché lo ritengo interessante, colgo l'occasione di comunicarti l'indirizzo del nuovo sito scout avola1 e ti ringrazio anticipatamente se lo inserirai.

N.B è in fase di costruzione. Ciao e a presto Salvo C.

L'indirizzo è : http://www.scoutavola.3000.it

Salvatore Cancemi

salcanc@tin.it

Sono una studentessa di lettere e dovrei stilare una bibliografia completa di libri scritti da donne partigiane o comunque da donne che hanno partecipato alla guerra.

Avrei dunque bisogno di titoli con le relative informazioni (Editore, N. di pagg. ecc..) se ne siete a conoscenza.

Ringrazio

Elisa Manzo

elisa.manzo@libero.i

EVENTI DA SEGUIRE

27 gennaio/11 febbraio Modica Corso Umberto I N.133 presso Ass.ne Cult. 'La regina di quadri' Percorsi d'arte - Collettiva di opere uniche e grafica . Artisti in mostra: Annalisa Bonarrigo, Giacinto Cargnoni, Liliana Conti Cammarata, Giovanna Gennaro, Pina Giangreco, e Elisa Mestroni. Tutti i giorni dalle 18.00 alle 20.30;

30 gennaio martedì Siracusa Cral Viale Tunisi 16 ore 18.00 Incontro con il giornalista e critico Carmelo Tuccitto, con presentazione di Corrado Di Pietro (a cura del Centro Studi di tradizioni popolari Turiddu Bella);

3 febbraio sabato Catania Libreria Tertulia Via Rapisardi 1 ore 17.00 Joan Abellò e Salvatore Ferlito presentano Josep Martorell (Architetto dello studio Martorell Bohigas Mackay- MBM) in occasione del convegno promosso da Federarchitetti "Il mare, il porto e la città: risorse, progetti, investimenti, opportunità e nuove strategie di crescita";

4 febbraio domenica Escursione con Acquanuvena alla Necropoli del Finocchito. Appuntamento in Piazza Teatro, ad Avola, alle 8.30;

6 febbraio martedì Noto Teatro Comunale 'Vittorio Emanuele' San Giovanni Decollato, di Nino Martoglio, con Tuccio Musumeci, regia di Pietro Carriglio (a cura del Teatro Biondo di Palermo);

9 febbraio venerdì Avola Salone Chiesa del Carmine ore 18.30 presentazione del libro L'uomo che amava i bambini. Interverrà don Fortunato Di Noto e l'editore Salvatore Coppola;

9 febbraio venerdì Siracusa 20.30 Incontri al Caffè letterario Peter Pan. Tiziana Sergi relazionerà su Dittatura e magia tra Spagna e America latina: Garcia Marquez;

Cordialmente ti saluto

Francesco Urso
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